Il governo norvegese ha deciso di raddoppiare la carbon tax sull’industria petrolifera della nazione per istituire un fondo utilizzato per contribuire alla lotta al “climate change”, alle energie rinnovabili, alla sicurezza alimentare anche nei Paesi in via di sviluppo. La nuova proposta di bilanco in esame, farebbe lievitare la tassa imposta alle compagnie petrolifere off-shore, portandola da 26 a 55,8 euro per tonnellata di Co2. A subire tale tassazione anche l’industia della pesca,altro settore fondamentale per l’economia nazionale. La sua imposta sarà di 6,8 euro per tonnellata di Co2.
Attuando tale meccanismo di tassazione, entrerebbero nelle casse dello Stato circa 1,2 miliardi di euro, quota che verrà utilizzata per finanziare attività realizzate in difesa dell’ambiente. Parte di questo fondo (circa 405,7 milioni di euro) verrà destinato ai progetti per la tutela delle foreste tropicali che sorgono nei Paesi in via di sviluppo. Con questa iniziativa la Norvegia da prova ancora una volta di essere una delle nazione più “green“, dopo il finanziamento concesso ai programmi svolti per ridurre la deforestazione in Brasile, Indonesia ed Etiopia.
“Si tratta – riporta il quotidiano Guardian – di un programma radicale: che senza dubbio porrà un’importante sfida politica alle altre nazioni produttrici di petrolio“. I Paesi a cui si fa riferimento sono la Scozia e l’Inghilterra, i cui governi continuano ad escludere una carbon tax per l’industria petrolifera e gasiera, che rappresenta uno dei pilastri della loro economia.
Inoltre la Norvegia ha inoltre dichiarato la sua intenzone di ridurre del 30% le emissioni di CO2 che produce, il tutto entro il 2030.