La finanziaria 2010 è oggetto di accese critiche in particolare su un emendamento: il provvedimento che sarebbe nell’occhio del ciclone prevedrebbe delle drastiche diminuzioni sui coefficienti di incentivazione alle fonti rinnovabili non programmabili, il motivo? Le enormi difficoltà a migliorare l’efficienza delle infrastrutture nella capacità di immagazzinamento dell’energia.
Inoltre sarebbero previsto anche un netto taglio sul valore del prezzo di riferimento del Certificato Verde: da un prezzo di mercato stimato mediamente in 85 euro/MWh si passerebbe a meno della metà, ossia 40 euro/MWh.
Un altro “pomo della discordia” è inevitabilmente il pericolo, quanto mai attuale, di non riuscire a rientrare nei parametri fissati dall’Ue per il 2020 sulla produzione minima di energie da fonti rinnovabili, ovvero la soglia del 17%, oltre naturalmente alla minor convenienza all’investimento e all’uso delle energie rinnovabili.
Le associazioni protestano anche contro i dazi fiscali che sono già in vigore e che, a loro dire, sono fortemente penalizzanti: ad esempio l’energia derivante dal sole, a causa delle tariffe premianti del “conto energia” è soggette all’Ici sugli impianti fotovoltaici a terra, quindi con un’ulteriore spesa da affrontare su un investimento che, di per sé, è già molto importante e potrebbe scoraggiare gli investitori internazionali.
Non è tutto perché le associazioni criticano anche le tariffe incentivanti per i privati, che sono soggette ad una detrazione d’imposta del 55: una chiara incompatibilità quindi.