Quello dei biocombustibili è un mercato in crescita: si stima infatti che la produzione annuale nel mondo aveva raggiunto i 9,57 miliardi di tonnellate nel 2010, con una lieve crescita del 5,5 % nel 2011.
I residui della preparazione del caffè possono rappresentare una fonte abbondante, economica nonché ecologica di biocombustibile per l’alimentazione dei veicoli. Lo sostengono ricercatori dell’Università del Nevada a Reno in uno studio pubblicato online dal “Journal of Agricultural and Food Chemistry”, organo dell’ American Chemical Society’s (ACS).
Nel corso dello studio, i ricercatori sono partiti dalla considerazione che il maggior ostacolo alla diffusione del biocombustibile è la mancanza di materia prima di alta qualità e basso costo. La materia prima è di varia natura: vengono utilizzati oli soia, di palma, di arachidi e altri oli vegetali, nonché grassi animali e anche dai residui oleosi delle fritture dei ristoranti.
Nel corso della ricerca di studiosi hanno raccolto i fondi di caffè dalle catene di caffetterie multinazionali e le hanno ulteriormente spremute per ottenere un olio, da cui hanno ricavato poi del biocombustibile con un processo a basso costo.
Il prodotto ha anche il vantaggio di essere molto più stabile dei tradizionali biocombustibili in virtù del più alto contenuto di antiossidanti.
I ricercatori hanno stimato le dimensioni del mercato e dei profitti che il processo potrebbe generare, circa 8 milioni di dollari all’anno nei soli Stati Uniti.