Il primo calo della domanda di impianti fotovoltaici, verificatosi dal 2009 ad oggi, ha causato effetti negativi per il settore delle energie rinnovabili. Prima di tutti, il crollo dei prezzi dei moduli solari, che attualmente ha raggiunto i 0,70 dollari al watt. Complice di questo collasso, oltre alla ormai spietata concorrenza del mercato cinese, anche la sovrapproduzione di impianti che, in assenza di richiesta, restano stipati in magazzino e per questo venduti a prezzi bassissimi e quindi poco convenienti per le aziende produttrici, costrette a lavorare in perdita.
Questo e molto altro è emerso dal report stilato da Lux Research pubblicato proprio in questi giorni, rendendo noto lo “stato di salute” delle imprese fotovoltaiche e le possibili soluzioni da adottare per porre fine alla crisi che ha messo in ginocchio questo importante settore.
Il primo passo da compiere per salvare soprattutto le aziende occidentali è quello di ridurre i costi di produzione, cosa che in parte è già avvenuta per i moduli in silicio cristallino. In questo caso, infatti, grazie al crollo dei prezzi del silicio, è stato possibile tagliare sui costi di produzione, arrivando a 0,82 dollari al watt per i monocristallini e a 0,92 dollari al watt per i policristallini.
Tale strategia commerciale potrebbe portare buoni frutti, contando anche sulla diffusione delle ultime innovazioni tecnologiche (le tecniche di eterogiunzione, i wafer kerfles, le celle con back contact, ecc.). Per esempio, secondo il rapporto di Lux Research, il taglio dei costi del film sottile di tipo CIGS renderebbe più competitiva tale tecnologia e consetirebbe il raggiuntimento entro il 2017 di costi di produzione più contenuti (0,48 dollari al watt).