Nella piccola isola di Singapore l’acqua è sempre stata un problema. Questa nazione ha cominciato a epromuovere tenacemente una soluzione alla carenza idrica che vessa i paesi del mondo: riciclare l’acqua degli scarichi, anche quella dei bagni, per riottenere acqua da bere. Può sembrare un’idea rivoltante, ma, almeno a Singapore, i quasi 5 milioni di residenti sembrano averlo accettato come necessario.
Bere l’urina: come sulla Mir, in fondo anche gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale non possono essere connessi ad una rete di distribuzione dell’acqua e si sono dovute studiare soluzioni all’inconveniente.
Una volta Singapore dipendeva fortemente dalla vicina Malaysia per il suo approvvigionamento di acqua, adesso ha cominciato a riciclare le acque reflue in modo che questa città-stato ritiene possa contribuire a renderla autosufficiente. “In passato, abbiamo dovuto acquistare l’acqua potabile da un altro paese. Ma cosa potrebbe succedere se i legami tra i due paesi venissero messi in pericolo?” si chiede Khaiting Tan, 20 anni, uno studente della Nanyang Technological University di Singapore. “É meglio essere autosufficienti.”
Singapore sostiene che dopo il trattamento cui viene sottoposta, l’acqua diventa quasi pura come se fosse stata distillata. L’acqua recuperata è utilizzata in gran parte per fini industriali, ma troverà impieghi sempre più diffusi poiché Singapore è a corto di acqua per i suoi rubinetti.
Le acque reflue sono state lungamente riciclate per fini agricoli ed industriali. Solo pochi posti al mondo, tra cui Singapore, hanno avuto il coraggio di aggiungerlo alla fornitura di acqua potabile. Se questa tecnologia riuscisse a guadagnarsi una più ampia accettazione da parte del pubblico, potrebbe cambiare il volto di potenziali conflitti legati al diritto umano all’acqua in luoghi come gli Stati Uniti, la Cina, il Vietnam o l’Egitto.