Il biocombustibile è un carburante di origine vegetale, che può essere impiegato in sostituzione dei combustibili fossili, sia come sostituto del gas per uso domestico sia nel settore dei trasporti. I biocombustibili presentano una serie di vantaggi, la loro combustione comporta una produzione decisamente ridotte CO2; le emissioni di anidride carbonica sono ritenute le responsabili dell’effetto serra. Il Defra (Department of Environment, Food, Rural Affairs), un ente britannico simile alla nostra Arpa, stima che nel ciclo di vita di una tonnellata di biocombustibile si producano 0,9 tonnellate di CO2 contro le tre tonnellate prodotte da benzina e diesel. La CO2 rilasciata durante la combustione, è pari a quella che è stata sottratta dall’atmosfera al momento della crescita del vegetale, avvenuta mesi e non milioni di anni prima, come per i combustibili fossili. I biocombustibili generano inoltre minori emissioni di monossido di carbonio, anidride solforosa e di particolato rispetto alla benzina e al diesel.
Gli scozzesi sono celebri per essere parsimoniosi e per trovare il modo di recuperare quanto serve loro spendendo il mono possibile. Un’idea è venuta ai i ricercatori della Napier University di Edimburgo, che, dopo due anni di esperimenti, sono riusciti a produrre un biocarburante, il butanolo, utilizzando proprio gli scarti della produzione di whisky.
Secondo gli studi svolti, il butanolo offrirebbe un rendimento superiore del 30% rispetto all’etanolo, già utilizzato per alimentare le automobili. La distilleria Glenkinchie, di proprietà della Diageo, ha fornito all’Università la “materia prima”: il liquido e la poltiglia che sono i due prodotti di scarto della distillazione del whisky, che sono stati convertiti in biocarburante. Il nuovo biocarburante, secondo il professor Martin Tangney a capo del team dei ricercatori “è pressoché equivalente alla benzina” come prestazioni e e potrebbe essere in vendita nei distributori entro pochi anni.
Un altro vantaggio che ha dimostrato avere il butanolo, oltre a possedere un potere energetico maggiore dell’etanolo, che trova già utilizzo per alimentare le automobili anche nelle corse americane, è che non richiede alcun adattamento al motore che lo impiega, cui non causerebbe alcun problema. E sembrerebbe pure essere adatto anche come combustibile per gli aeromobili. Un altro passo per non ricorrere ai combustibili fossili, sfruttando una fonte energetica rinnovabile. Altro punto a favore per il butanolo è che la sua combustione non si porta dietro tutte le emissioni nocive prodotte dai carburanti tradizionali.
Ma gli inglesi non vogliono essere da meno. A Southwold, nell’est dell’Inghilterra, si è testato quest’inverno un nuovo biocombustibile, derivato dagli scarti organici della birra. Il progetto in atto voleva giungere a riscaldare oltre 200 case con questo nuovo composto, grazie ad una collaborazione tra la brasserie Adnams e la British Gas. L’idea di fondo, secondo la brasserie, è che per riscaldare ogni appartamento occorre fabbricare poco più di 300 litri di birra. L’obiettivo dell’esperimento sarebbe quello di arrivare a produrre 4, 8 milioni di kilowattora all’anno, utili per riscaldare 235 famiglie o far percorrere alle auto oltre 6 milioni di chilometri.
Il segretario britannico al cambiamento climatico e all’energia, Chris Huhne, ha annunciato il secondo dei due progetti di energia verde, “per la prima volta nel Regno Unito, la popolazione sarà in grado di cucinare e riscaldare le proprie case con gas generati dalle acque reflue domestiche“. Nella Contea dell’Oxfordshire, nei dintorni di Didcot è stato realizzato un impianto che utilizzando le acque fognarie della rete urbana alimenta un impianto in grado di servire 200 abitazioni con biogas, nello stesso tempo l’impianto recupera fertilizzante e purifica le acque. Il portavoce della British Gas Martin Orrill ha comunicato alla stampa inglese che rifornire le case di biometano ottenuto riqualificando i liquami di origine umana, vuole essere un avanzamento in questa direzione, proprio per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2010.
La ricerca è sempre allo studio per cercare di scoprire sempre nuove ed alternative fonti da cui trarre energia. L’iniziativa di ricavare gas naturale e pulito dagli scarti umani o industriali non scandalizzare affatto la popolazione inglese, che ha anzi acclamato i primi esperimenti, auspicandosi si tratti di una nuova era e che sempre più villaggi siano serviti dai nuovi biogas. La National Grid ha, infatti, stimato che solalmente grazie a questo tipo di gestione delle acque reflue in meno di 10 anni il mercato del gas potrebbe beneficiare di un contributo di biogas pari al 15 % del totale del gas usato.