La nanotecnologia, la scienza dell’infinitamente piccolo, è un’importante industria emergente. Una proiezione per il 2015 per il mercato annuale di questo comparto stima un volume di affari intorno a un trilione di dollari statunitensi. La nanotecnologia implica la manipolazione o la produzione di nuovi materiali a partire da piccole porzioni di materia leggermente più grandi di scarni aggregati di atomi e molecole tra i quali argento e carbonio costituiscono i materiali base più impiegati.
I nanomateriali sono più piccoli del diametro di un capello umano e possono essere osservati unicamente attraverso potenti microscopi. Un nanometro è la miliardesima parte di un metro, un capello umano misura mediamente 80.000 nanometri. Un atomo è pressappoco la terza parte di un nanometro e le nanoparticelle sono gruppetti di atomi, di solito dell’ordine di cento nanometri. Le minuscole particelle di materiali presentano spesso proprietà uniche e diverse da quelle degli stessi materiali considetati in scala più grande. Le nanoparticelle devono il loro successo alle straordinarie, e a volte davvero insolite, proprietà che possiedono. Gli agglomerati di nanoparticelle dello stesso materiale, si comportano diversamente a come si comportano in scala maggiore del sensibile, in modo più potente, più tossico, ed hanno proprietà radicalmente differenti. Ciò che le rende così utili rende anche la loro sicurezza così incerta. Le nanoparticelle che destano maggiore preoccupazione sono tre: quelle d’argento, le nanofibre di carbonio, e le cosiddette “buckyballs”, ovvero microscopiche strutture di carbonio a forma di pallone da calcio.
Ad esempio, le racchette da tennis fatte con nanotubi di carbonio sono incredibilmente forti, mentre i pezzi più grandi di grafite si rompono facilmente. L’industria medica sta investendo enormemente sulle nanoparticelle per creare farmaci di precisione in grado di mirare a specifici tessuti, come le cellule cancerose. Mentre alcuni di questi nuovi materiali possono avere applicazioni benefiche nelle procedure mediche, medicazioni di ferite e prodotti farmaceutici, cresce la preoccupazione sui possibili effetti tossici. Le nanoparticelle sono state collegate soprattutto alle malattie polmonari e ad altri danni genetici.
Siamo portati a credere che gli articoli personali (come per esempio cosmetici, saponi, shampoo, balsami, bagnischiuma, lozioni abbronzanti, calze e abbigliamento sportivo e di uso quotidiano, eccetera) siano inoffensivi. Invece questi prodotti potrebbero contenere particelle nanotecnologiche, ovvero minuscole particelle generate dalla nanotecnologia, che vengono impiegate per gli scopi più diversi, ma qualcuna di loro ha anche dimostrato la capacità di far ammalare e uccidere i lavoratori di fabbriche che utilizzano questo tipo di tecnologia.
I rischi fin’ora conosciuti per la salute umana includono danni gravi e permanenti al polmone, mentre gli studi sulle cellule rivelano danni genetici al DNA. E quanto non conosciamo di queste nanoparticelle? Si è scoperto che le nanoparticelle sono notevolmente tossiche per la fauna acquatica, e che comportano evidenti rischi per molte specie, minacciando l’intera catena alimentare. Il nanoargento è noto per la sua alta tossicità verso la vita acquatica. Mentre per gli esseri umani l’argento risulta più sicuro di altri metalli tossici come il piombo e il cromo, per gli organismi acquatici purtroppo non è così. L’argento, invece, è più tossico per molti organismi di acqua dolce e salata, risalendo dal fitoplancton (alla base della catena alimentare) fino agli invertebrati marini, come ostriche e lumache, e ad altri tipi di pesce, soprattutto nella loro fase di crescita. Molte specie di pesci e crostacei, così come i pesci di cui si nutrono, sono vulnerabili. La prolungata esposizione all’argento danneggia la salute dell’ecosistema. Il nanoargento è significativamente più tossico dei pezzi d’argento perché le particelle microscopiche in una vasta area aumentano la loro capacità di interagire con l’ambiente. È stata comprovata la capacità del nanoargento di rompersi, scomporsi e infiltrarsi nell’acqua quando, per esempio, gli indumenti sportivi contenenti nanoparticelle d’argento per il controllo degli odori, vengono centrifugati nelle lavatrici. Secondo uno studio sulle nanoparticelle d’argento utilizzate come antimicrobici nei tessuti, su sette campioni testati, quattro di questi hanno perso dal 20 al 35% dell’ argento al loro primo lavaggio e, una marca, ha perso la metà del suo contenuto d’argento già dopo i primi due lavaggi, andando a finire direttamente nell’ambiente. Molti corsi d’acqua si stanno riprendendo dagli alti livelli d’argento introdotti dall’industria fotografica durante il ventesimo secolo. I nuovi prodotti contenenti nanoparticelle d’argento possono risultare altamente tossici per i livelli d’argento che verrebbero così reintrodotti nei fiumi e nei laghi attraverso gli impianti per il trattamento delle acque.